giovedì 13 novembre 2014

Il mio autunno



Autunno, cadono le voglie,
la verde età da tempo è scolorita.
Forza di quercia ormai quasi svanita
e frutti secchi che più nessuno coglie.

E triste so, che non sarà più maggio;
non son più quercia, fa' che sia almeno f..aggio.


Marco Badii 13.11.2014

martedì 11 novembre 2014

Gates vs Jobs

Bill Gates e Steve Jobs: sono (stati) due tra gli uomini in assoluto più ricchi del mondo. La cosa straordinaria è che questi due vincenti hanno avuto indubbiamente anche moltissimo altro in comune; provo ad abbozzare un elenco:
  • entrambi nati nel 1955
  • entrambi statunitensi
  • sia Bill che Steve sono, come intuibile, abbreviazioni. I nomi completi sono rispettivamente William Henry Gates III e Steven Paul Jobs
  • entrambi pilastri del mondo dell' informatica, uno particolarmente nel settore software l'altro in quello hardware
  • entrambi sono partiti da 0, nel garage di casa.
Io però ho sempre preferito Bill e di conseguenza, regali a parte, ho sempre scelto i suoi prodotti. Perché, anche se scaltro e abilissimo negli affari, tanto da essere per molti anni l'uomo più ricco del mondo (traguardo mai riuscito a Steve)  mi ha sempre dato l'impressione del "bravo ragazzo" tra i due (in maniera relativa, ovviamente; a scuola marinava spesso e non andava un gran che bene, per colpa della sua passione esclusiva per i computer).
Steve era a mio avviso di molto più cinico; emblematico un episodio dei suoi primissimi inizi: era il 1974 e l'Atari, per cui lavorava, gli assegnò l'incarico di ridurre la circuiteria del videogioco Breakout, pagandolo 750$ per il lavoro con la promessa di elargire un bonus di 100$ per ogni chip utilizzato in meno rispetto agli schemi originali. Jobs chiese al suo amico (sottolineo amico) Steve Wozniak di aiutarlo con il compito promettendogli metà del compenso a lavoro finito. Wozniak per rispettare la scadenza di consegna del progetto fu costretto a lavorare gli ultimi quattro giorni ininterrottamente, senza neanche dormire. Il risultato fu una scheda composta da 50 integrati in meno rispetto a quelli del progetto originale: questo risultato fruttò a Jobs 5.000$. Tuttavia Jobs divise solamente la cifra iniziale con l'amico, non facendo menzione del bonus ricevuto.
Se tanto mi da tanto c'è da immaginarci come avrà condotto i suoi futuri affari...
Sta di fatto che ci ha lasciato con la sua ormai famosa espressione "stay hungry, stay foolish!", ovvero "siate avidi (di scoperte, di potere, di soldi?), siate folli".
Bill Gates non parla di follia, ma dice tra l'altro: "quando mi trovo alle conferenze sull'informazione tecnologica e la gente dice che la cosa più importante al mondo è fare in modo che le persone possano connettersi alla Rete, io rispondo: -Mi state prendendo in giro? Siete mai stati nei Paesi poveri?-".
Certo, qualcuno obietterà che stride con la sua famosa predizione "un computer in ogni casa", e in effetti ben venga questa suo cambiamento, in meglio.


Bill Gates e Warren Buffett
Molti conoscono la sua Fondazione benefica, anche se non tutti ne immaginano la grandezza. E' semplicemente la maggior fondazione benefica al mondo. In assoluto, non solo tra le private! Fino a qualche anno fa valeva trenta miliardi di euro. Poi, siccome per fortuna il bene non è meno contagioso del male, nel 2006 il secondo miliardario del mondo, Warren Buffett, ha annunciato che avrebbe raddoppiato questa cifra. Così la Fondazione Gates diventa il principale erogatore di aiuti allo sviluppo del mondo; persino più dell'Onu e della Banca mondiale!!

Quasi a ricordarci che non tutto è "io" (I-phone, I-pad, I-pod, I-tunes..), ma esistono anche gli altri...  

venerdì 7 novembre 2014

La giovane italia...

Scusate il minuscolo del titolo, ma queste sono proprio le situazioni in cui non mi sento molto fiero di essere italiano, quelle (tra le tante) che hanno contribuito a crearci la poca edificante nomea che abbiamo all'estero; avete presente quando  al solo sentire (o meglio, intuire) che siamo italiani già assumono un'espressione lievemente preoccupata, se non disgustata?
Verrebbe anche da inalberarsi un po', giusto per spirito di patria, se non fosse che poi leggiamo che 37 scolari romani in vacanza-studio vengono sbarcati da un aereo in Germania perché indisciplinati. E si spegne ogni fervore... . Il comandante tedesco li ha fatti scendere dal suo aereo Lufthansa prima del decollo da Amburgo, loro e i loro insegnanti "responsabili"; motivazione: perché così indisciplinati da mettere in pericolo la sicurezza del volo.

Gli insegnanti hanno affermato che i loro alunni non erano stati poi così agitati. Presa di posizione opinabile ma comprensibile, visto che i primi a rimetterci la faccia sarebbero stati proprio loro, in qualità di accompagnatori responsabili dei ragazzi. Molto meno comprensibile ma ancor più ovvia è stata la presa di posizione dei genitori, tutti a difendere i loro "bravi ragazzi". Ciò non sorprende, perché è proprio questo iperprotezionismo così diffuso ad essere la causa del comportamento irrispettoso e viziato dei giovani di oggi. Quando va bene si fanno passare per "sana vivacità" atteggiamenti che possono essere chiamati con un solo nome: maleducazione. Mala-educazione.
La famiglia è tanto assente quando si tratta di educare i figli quanto è presente e agguerrita quando si tratta di difenderli. Se ne fregasse tout court dei figli sarebbe già molto meglio. Invece spesso inficia anche il poco lavoro educativo della scuola. Ormai gli insegnanti  devono stare attenti non solo a non toccare i loro alunni, ma anche a non sgridarli e tantomeno dargli del sano "somaro", pena il rischio di denuncia per offese da parte dell'equino genitore.
Non meraviglia allora che una ricerca internazionale di qualche anno fa, condotta sui bambini fra i 2 e i 14 anni avesse decretato che in Europa i meno rispettosi delle regole del vivere civile fossero proprio quelli italiani. Ho letto perfino che nel sito internet di alcuni alberghi all'estero nella versione italiana riportano che non sono accettati bambini, se però si mette, chessò, la lingua inglese sono magicamente accettati. Preciso che non ho verificato di persona...ma a questo punto c'è da crederci.

Per quanto mi riguarda.. quando sono all'estero preferisco immergermi più possibile nella cultura di quella nazione; ma confesso che non è solo per questo che sono ben contento di non incontrare connazionali, anche se  non succede spesso; e si riconoscono sovente da lontano, dal fare scomposto e sguaiato (generalmente tanto più accentuato quanta minore è la latitudine di provenienza).     

lunedì 30 giugno 2014

Nuove deviazioni: l'Individualismo sociale

Con il neologismo espressivo del titolo intendo parlare di quella che secondo me è un pò una deviazione comportamentale attuale: la diffusione e l'uso, a volte ossessivo, dei social network virtuali al quale raramente corrisponde una maggior attività sociale reale, fatta di chiacchierate vere, di persona o al limite per telefono, con amici vecchi e nuovi. Anzi spesso le due cose sono inversamente proporzionali, le ore del giorno essendo pur sempre 24, e quindi chi sta ore intere su Facebook, Twitter et similia è giocoforza che abbia meno tempo per frequentazioni reali.
Questa mia convinzione è tra l'altro confermata da un recente studio: il rapporto Espad 2014 (riferito al 2013 e che ha interrogato 40mila adolescenti tra i 14 e i 18 anni) ha evidenziato che il 93% di loro usa Facebook, Twitter e/o WhatsApp. Tra questi, il 13% dice di starci per almeno 5 ore non stop al giorno (sob..), mentre il 23% ne trascorre 3; in pratica, appunto, la maggior parte del tempo libero.
Non sto negando che i social network possano essere strumenti anche utili, ma questo finché si resta dentro determinati confini. Quando si sente il bisogno di essere perennemente connessi, ci si pensa anche quando si è lontani da tablet o pc allora c'è molto più di qualcosa che non va. Quando si pensa che sia l'unico modo, o anche il modo migliore per restare in contatto con conoscenti e amici allora non si sta usando nel modo giusto. E' il solito discorso che vale per l'intero mondo-Internet; bello, anche molto utile basta non abusarne o usarlo male.
I "social" ormai sono ovunque, con oltre un miliardo di utenti mensili attivi su Facebook in tutto il mondo, impegnando tempo, pensieri ed energie di molti e cambiandone le relazioni, anche quelle importanti che viviamo dal vero. In molti casi altera infatti il modo di stare in famiglia, in coppia, con gli altri e può essere collegato a difficoltà relazionali; addirittura separazioni e divorzi. Certo in questi casi il social network può essere una facile fuga da relazioni infelici e quindi non essere la causa delle difficoltà relazionali bensì la conseguenza; ma rimane il fatto che il modo più efficace per non cadere nei tradimenti (oltre che parlare con il partner) è quello di evitare occasioni di tentazioni, anche virtuali.
In ogni caso è indubbia la pervasività che questi nuovi strumenti hanno nella nostra vita, anche a livello intimo. Una pervasività oltretutto distorta, visto che spesso siamo tanto gelosi della nostra privacy nella realtà quanto incoerentemente esibizionisti su Facebook: ci da fastidio se un vicino di tavolo al ristorante ci fissa per più di qualche secondo, se un estraneo seduto accanto a noi ascolta le nostre conversazioni o sbircia nel nostro giornale, se all'asilo gli altri genitori fotografano i nostri figli; poi ci sediamo al pc e mettiamo su facebook i nostri pensieri, le nostre inclinazioni, la foto dei piatti del ristorante, le foto dei nostri bambini in tutte le pose e via di questo passo, magari lasciando il nostro profilo leggibile non solo da parenti e amici stretti ma da chiunque. Tanto che oramai quando un giornalista deve scrivere un pezzo di cronaca nera non si alza nemmeno dalla scrivania; va sul profilo facebook della vittima e dell'assassino e ha subito davanti tutta la loro vita.
Io sono stato iscritto a Facebook solo poche settimane, poi mi sono convinto che era meglio farne a meno. Tempo dopo ho avuto (non che ce ne fosse bisogno) la conferma della bontà della mia scelta: un mio vecchio compagno di classe mi manda un sms (non una telefonata, un sms...) dicendomi che la festa di classe era stata bella, peccato che io non ci fossi... Io ho risposto (sempre per sms, non volevo che sentendo anche solo la mia voce magari si spaventasse) che non avevo nemmeno saputo che ci fosse una festa di classe.
La sua candida replica: "abbiamo organizzato tutto via Facebook, forse tu non c'eri..."

Guerre e partite

In Italia, si sa, quando non ci si lamenta di come vanno le cose l'unico argomento da bar che rimane è il calcio, sempre sopra tutto e prima di tutto. Non meraviglia affatto quindi il gran parlare che si è fatto per la sconfitta vergognosa dell'Italia ai mondiali. Secondo me tale esclusione è stata una sana iniezione di umiltà visto gli stipendi dei giocatori, che all'umiltà danno uno schiaffo; peccato che sia probabilmente un'iniezione inutile visto le condizioni dell'ammalato, basti vedere le reazioni di balotelli, addirittura offeso, chissà cosa pretendevano questi tifosi con il misero stipendio che prende...
Tant'è, non molti la pensano come me e quindi la delusione e i commenti sono stati tanti. A confronto passano quasi nel silenzio le altrettanto cocenti figure meschine che continuiamo a fare nella politica estera, penso soprattutto, ma non solo, all'infinita debacle dei marò italiani.
E allora mi viene in mente una frase di Churchill, che diceva: "Gli italiani perdono le partite come fossero guerre, e le guerre come fossero partite!".

Matematica stimolante 2

Inizio con un collegamento al precedente post sulla "matematica stimolante", che è anche un'integrazione alla mia risposta al relativo commento di McTuffy. Negli antichi sistemi di calcolo, mancando i numeri arabi (o un analogo sistema di numerazione) le quantità erano indicate da simboli, più o meno astratti, o da una lettera. In quest'ultimo caso (come negli antichi sistemi di numerazione greco ed ebreo) c'è evidentemente la possibilità che un numero coincida casualmente con una parola di senso compiuto o, viceversa, che una parola sia nello stesso tempo un numero.

Un illustre esempio: nell'immagine, la parola Yahweh (nome ebraico di Dio) rappresenta anche i numeri 5,6,5 e 10, la cui somma è 26, che veniva quindi considerato un numero divino.
C'è stato inevitabilmente chi ha visto in queste coincidenze dei messaggi occulti; la Cabala (parola che non a caso deriva dall'ebraico) era ed è per l'appunto una dottrina divinatoria basata in buona parte su queste coincidenze.

Numeri o simboli a parte, storicamente la base di numerazione utilizzata in tutte le civiltà è quella a base 10. Ciò semplicemente perché l'uomo, di tutte le civiltà, ha 10 dita nelle mani (i nostri primi calcolatori). Ma tutti sappiamo che il sistema decimale non è l'unico; già nei secoli XVII e XVIII i matematici studiavano l'aritmetica in altre basi di numerazione.
Qui mi vorrei soffermare un attimo sul sistema binario (ovvero a base 2) non solo perché è quello più semplice che si possa immaginare in quanto vengono utilizzati solo due grandezze, lo 0 e l'1, ma anche e soprattutto perché è il primo mattone logico di qualunque cosa abbia a che fare con l'elettronica, basata com'è sul passaggio o meno di corrente, ovvero 1 o 0.
L'invenzione del sistema binario è attribuita a Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716), matematico e filosofo tedesco.
Come leggere un numero binario? In realtà è molto semplice, anche perché si procede allo stesso modo che con il sistema decimale, dove si sa che il primo numero a destra è quello delle unità (quindi dei 10°, ovvero 1) il secondo delle decine (10 elevato ad 1) il terzo delle centinaia (10 alla seconda) e così via. Così, come ad esempio 18 in base 10 è = 8x10° + 1x 10 elevato ad 1 (quindi 8 + 10), 10010 in base 2 è = 0x2° + 1x2 elevato ad 1, + 0x2 alla seconda + 0x2 alla terza + 1x2 alla quarta = 0+2+0+0+16= 18.
Per passare in base 2 un numero che è in base 10 un metodo veloce (vedi immagine) è quello di dividerlo più volte possibili per 2, fino ad ottenere il quoziente 0. Il numero corrsispondente binario si avrà semplicemente scrivendo tutti i resti, partendo dall'ultimo. Quindi possiamo scrivere:  39(10) = 100111(2).
Per finire segnalo il link ad una pagina web che riporta un esempio grafico interattivo che fa capire quanto sia facile rappresentare i  numeri binari avendo solo..pochi amici. Cliccate qui

Ecco, ora anche chi non conosceva il sistema binario qualcosa in più lo sa. A che pro? Se non altro la prossima volta che vedrete una maglietta come quella della foto potrete sorridere!



venerdì 27 giugno 2014

Il buon governo

Mi solleva quando, nel torbido della politica corrotta e priva di valori, si riesce a pescare qualcosa di pulito e valido; un esempio insomma di buon governo, che in un mondo ideale dovrebbe essere la norma ma nel mondo reale è più un'eccezione, e in quanto tale preziosa.
Perché alla fine sono queste eccezioni che ti fanno scegliere chi votare, o ancor meglio e ancor prima che ti fanno scegliere di andare a votare, ché forse ne vale ancora la pena.
E allora grazie al sindaco Massimo Bitonci (Lega), appena eletto a Padova, che dopo aver rinunciato a tutte le auto blu (cosa che almeno a parole fanno in tanti) ha deciso di acquistare e regalare, rendendolo obbligatorio in tutti gli uffici pubblici, il crocifisso. "Ora in tutti gli edifici e scuole- ha detto Bitonci- un bel crocifisso obbligatorio regalato dal Comune. E guai a chi lo tocca."
Grazie Massimo Bitonci per essere tra i pochi ad avere il coraggio di essere quello che sei, un sindaco. Dal greco  sýn "con" e díkē "giustizia".

sabato 31 maggio 2014

Matematica stimolante 1

Primo post (e spero non unico, o dovrò togliere il numero dal titolo) di una serie che si occuperà di presentare curiosità, anneddoti, spiegazioni semplici e magari giochi e problemi divertenti riguardanti la matematica. Mi rendo conto che sia un po' lungo, ma è comunque di facile lettura.
Tutti, se ci soffermiamo a riflettere solo un po', realizziamo come la matematica con i suoi numeri e calcoli occupi quasi ogni momento della giornata, da quando appena svegli diamo un'occhiata all'orologio a quando pesiamo la pasta per pranzo per finire alla sera, quando prima di addormentarci riprendiamo in mano il libro che avevamo lasciato a pagina 32. Molto pochi sono invece coloro ai quali la matematica rimane, non dico simpatica, ma almeno digeribile. In effetti in buona parte è ostica se non riservata ai soli teorici matematici. Ma a volte si possono trovare anche spiegazioni semplici per concetti che diremmo solitamente difficili o incomprensibili.
Per iniziare riporto solo qualche curiosità sugli inizi di questa scienza che, fatte salve le prime conoscenze aritmetiche e geometriche documentate già nelle civiltà preelleniche (quindi prima del 300-400 a.C.) del medio oriente ed essenzialmente pratiche (perché legate al commercio, all'agrimensura ed alla navigazione) trova un primo vero studio proprio all'interno della civiltà greca.
Già dall'inizio, una volta fissate le cifre e il sistema di numerazione a base 10, si sentì l'esigenza di "macchine" che aiutassero a fare i calcoli. La prima di queste si può considerare l'abaco, che fin dai tempi più antichi, pensiamo alle civiltà cinesi,  mesopotamiche ed agli egizi, furono usati da scribi e contabili per i loro calcoli (addizioni e sottrazioni).
Tanto più che anticamente (ma fin nel Medioevo) le operazioni più elementari, che un qualsiasi bambino di oggi farebbe in pochi secondi, comportavano molti minuti di calcoli effettuati da specialisti! In pratica anche i più asini di oggi tanto tempo fa sarebbero stati considerati dei piccoli geni! Solo questo dovrebbe confortare molti! Possiamo smettere di dire "sono una schiappa in matematica", e asserire invece di essere ottimi contabili, sempre nel giusto, è casomai l'epoca ad essere quella sbagliata...
Ma perché.., i nostri avi erano forse cretini? Un po' più di oggi forse sì (almeno la massa), ma soprattutto non era stata ancora inventata la matematica come la conosciamo oggi, con le sue tabelline e le semplici regole di calcolo che usiamo tutti i giorni.
E non esistevano nell'occidente nemmeno i numeri arabi. Grande balzo in avanti fu fatto per l'appunto con l'introduzione delle cifre indoarabiche, nate in India nel VI secolo a.C. e trasmesseci dagli arabi. Con il sistema degli arabi furono possibili più agili calcoli specialmente per la moltiplicazione e la divisione. Si deve ad un italiano, Leonardo da Pisa (che forse qualcuno conoscerà meglio come "Fibonacci") il grandissimo merito di aver introdotto in Europa, nel 1200, tale sistema di calcolo. Chissà quale onori ebbe, viene da pensare. Ebbene...rischiò la vita! Infatti prima che il metodo riuscisse a prendere piede ci furono continui e accesi scontri tra gli "algoristi" (come furono chiamati Fibonacci e seguaci) e gli abacisti tradizionali. Non si trattava solo di vedersi rubare il lavoro di esperti di abaco; l'ostilità era anche più profonda e preoccupante: si riteneva che un metodo di calcolo così efficace, quasi magico,  potesse essere stato ispirato solo da satana, tanto più che veniva dagli infedeli arabi!
Non sorprenderà quindi che il libro con cui Fibonacci presentò i numeri dallo 0 al 9, e che sarà destinato a diventare il trattato di matematica più celebre del XIII secolo, si intitolasse "Liber abaci", proprio per cercare di non allarmare troppo i fedeli di quell'abaco che il libro stesso rendeva inutile.

Si può vedere bene rappresentata la dicotomia tra queste 2 scuole in un'incisione del 1503 che riporto a fianco. In essa una donna al centro, personificazione dell'aritmetica, modera il dibattito tra "abacisti" e "algoristi", dando ragione finalmente a questi ultimi, verso cui rivolge il suo sguardo.
Ma lo scetticismo non era ancora finito, in un'epoca in cui il sapere era in buona parte nelle mani di un clero profondamente radicato nella tradizione romana.

Papa Silvestro II e il Diavolo

Basti sapere che ancora più di un secolo dopo, nel 1684, il Papa Innocenzo XI in persona fece riesumare il corpo del monaco francese Gebert D'Aurillac che fu il primo, nel 999 (molto prima quindi di Fibonacci) ad introdurre in Europa le cifre indoarabe e a sostituire le varie sfere di una colonna dell'abaco in una sfera sola con il numero arabo corrispondente (innovazione che fu ridimensionata ben presto dagli abacisti, che usarono i numeri romani). 
E lo fece riesumare proprio per verificare se in esso rimanevano ancora i demoni che si diceva gli avessero ispirato la scienza numerica dei saraceni! Lo trovate esagerato?
Aspettate di sapere che il suddetto monaco era in realtà un altro Papa: Papa Silvestro II !!

venerdì 30 maggio 2014

Festa del papà

L'asilo di mia figlia quest'anno ha abolito la Festa del papà. E anche quella della mamma, così la parità dei sessi è salva.
E, al solito, io mi preoccupo. La mia preoccupazione è che sia un po' meno salvo il senso della famiglia; che l'esclusione di queste ricorrenze dal programma scolastico rispecchi l'assenza di una "educazione alla famiglia" che aiuti i bimbi a comprendere il ruolo e l'importanza del babbo e della mamma per la loro crescita.
Ciò sarebbe gravissimo, tanto più oggi che la realtà "famiglia" è così in crisi,  indebolita da minacce esterne (penso in primis all'attacco del mondo gender) e interne (infedeltà, crisi di coppia e divorzi).
Il mio dispiacere si è accresciuto nel vedere come la decisione delle maestre sia passata nell'indifferenza generale dei genitori, quasi fossi io uno dei pochi anormali paranoici.
Poi mi capita tra le mani il "Corriere della sera" del 18 marzo 2013, quindi di più di un anno fa. Tra gli interventi dei lettori c'è la lettera di una signora della mia età, vedova e madre di una bimba. Scrive perché è rimasta attonita e basita (parole sue) da un articolo apparso sullo stesso giornale il giorno prima, che riportava la notizia dell'abolizione della Festa del papà in un asilo romano. Motivazione: per sensibilità verso un bimbo di una coppia omosessuale!
Mi sembra opportuno riportare alcuni stralci della lettera:
Per me il 19 marzo è sempre stata una data un pò difficile... e quando mia figlia porta a casa i lavoretti per la festa di un papà che non ha...devo sempre dissimulare con sorrisi e soddisfazione per il lavoretto la disperazione che mi attanaglia. Non ho mai preteso, però, che all'asilo non festeggiassero questa festa, perché fa parte delle nostre tradizioni, del mio passato, e auspicherei, del futuro di mia figlia...
Premesso che non capisco come mai la delicatezza e la sensibilità accordata al figlio di una coppia omosessuale non siano mai state invocate per i bimbi orfani, trovo la decisione lesiva e discriminante per quei bimbi che invece un padre ce l'hanno, e dovrebbero poter avere il diritto di festeggiarlo...
Ma ritengo soprattutto che il voler privare gli altri, la maggioranza, di qualcosa solo perchè io, individuo, non la possiedo, sia una forma inaccettabile di intolleranza, l'affermazione di una diversità esibita e imposta, l'erezione di un muro altissimo che separa, rende ostili, e non include.

Parole che dimostrano una intelligenza e soprattutto una sensibilità purtroppo non comuni.
Qualora comuni lo diventassero avrei finito di preoccuparmi. 

sabato 24 maggio 2014

Fatali ricadute

Abbiamo molto riflettuto 6 mesi fa, prima di mettere Mario, nostro padre (che viveva solo) in casa di cura. Io e mia sorella lavoriamo entrambi a pieno ritmo e l'incipiente Alzheimer richiedeva al contrario un'assistenza continua, perché nei (rari inizialmente) momenti di completa perdita di lucidità, avrebbe potuto ferirsi, o perdersi. All'inizio ci siamo alternati ma poi con  il graduale peggioramento dei sintomi e con ferie e permessi lavorativi agli sgoccioli abbiamo dovuto scegliere. O una badante o una casa di cura. Abbiamo scelto la seconda opzione perché la spesa non era di molto maggiore e le garanzie per contro molto superiori.
In compenso abbiamo scelto la migliore di Milano, la Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Conoscono bene i malati di Alzheimer, li sanno gestire ed anche, per quanto possibile, curare.
E questo era molto importante per chi, come nostro padre, avesse ancora frequenti periodi di lucidità.
La scelta si è rivelata giusta, perché in tutti questi mesi Mario non è peggiorato così tanto come ci aspettavamo, tornando ad essere sovente l'uomo pieno di interessi di una volta, sempre appassionato di politica e di calcio.
E' per questo che abbiamo accolto con straordinario piacere la notizia che nientemeno che Silvio Berlusconi avrebbe prestato servizio proprio in quella clinica! Non abbiamo anticipato niente a nostro padre, nemmeno che il premier fosse stato condannato ai servizi sociali, volendogli lasciare intatta tutta la sorpresa dell'evento.
Quel giorno non lo scorderemo mai.
Il Cavaliere, con tanto di camice bianco e l'occorrente per lavare i pazienti, andò a trovare mio padre in uno dei tanti momenti in cui era pienamente lucido. Tutto è successo in un minuto, non dimenticheremo mai la faccia di Mario. 
E' stato l'ultimo istante in cui l'abbiamo visto  in sé.
Da allora si aggira per tutto il giorno chino, chiuso nel suo mondo irreale, gli occhi persi nel vuoto, bofonchiando frasi senza senso: "io... tutti ai miei piedi... padrone del  mondo...Silvio grattami la schiena"

Dicono che forse non si riprenderà più..

giovedì 22 maggio 2014

Chi (ci) guiderà?

Loro sono suoi ottimi amici. Bella gente che lo fa sentire come di famiglia, ospitandolo più volte anche a pranzo.
Come quel giorno.
E dopo pranzo ci sarebbe anche tempo per una chiacchierata ma lui è di altro avviso. Decide di fare una gita in auto verso una baita più a monte. E' dicembre e siamo in montagna, il rischio ghiaccio è sempre presente, ma non è forse l'occasione giusta per sfoggiare le qualità del suo fuoristrada di cui va tanto fiero? E magari anche per vantarsi della sua ottima capacità di guida? Loro forse tentennano, del resto sono una famiglia, hanno 2 bambini e di certo molto più senso di responsabilità di quello scapestratello. Ma quello scapestrato è bravo con le parole, ci sa fare, e allora magari ti butta là una battuta che stanno ancora ridendo,  mentre entrano nello Chevrolet K5 Blazer.
La stradina non asfaltata che sale sopra i 1400 metri è stretta e insidiosa, ogni tanto a fianco delle continue curve si intravedono profondi burroni, senza il conforto di un guardrail o almeno di una staccionata.
Sempre più spesso nei tratti ancora in ombra compaiono lastre traslucide sulla strada e ad un certo punto  incontrano anche un cartello che avverte di proseguire con molta attenzione per forte possibilità di formazioni di ghiaccio. Cautela spingerebbe a fare dietro front o perlomeno a scendere dall'auto e verificare a piedi la possibilità di proseguire o meno. Ma il baldo autista non fa nemmeno questo e chissà se i suoi passeggeri hanno già iniziato a preoccuparsi oppure no, se sono troppo gentili per insistere sul ritorno oppure sono troppo presi dai racconti a raffica dell'amico.

Ancora pochi metri e l'autista, molto sicuro del fatto suo a parole, inizia a sentir slittare posteriormente l'auto su un lastrone di ghiaccio.
L'autista, sedicente capace, non riesce a riprendere il controllo del fuoristrada che urta una roccia, si gira e inizia ad avvicinarsi sempre più al ciglio della strada.
L'autista, molto coraggioso verbalmente, viene invaso dal terrore come tutti i suoi passeggeri. Terrore che aumenta man mano che si avvicinano inesorabilmente al profondo burrone che costeggia la stradina in quel punto.
Sono lunghi attimi, tremendi. Istanti. Ma istanti che possono bastare per vedersi passare tutta la vita davanti. O per tentare un ultimo, disperato tentativo di controllo del mezzo. O per lanciare un ultimo sguardo ai suoi amici. Renzo e Rossana. Francesco, il loro figlioletto di 9 anni. Alberto, l'amico comune che si era aggiunto alla comitiva. Uno sguardo che nel terrore lasci spazio alla contrizione, all'estrema, muta richiesta di perdono.

Ma lui sceglie di usare quei momenti in altro modo. Apre lo sportello e si lancia all'esterno, condannando così a sicura morte i suoi "carissimi amici".
Da questo incidente, che è ritratto nella foto a fianco, si salvano solo due persone: Alberto, che viene sbalzato fuori durante la tremenda caduta e finisce in coma. E l'incosciente, incapace, vigliacco, falso "amico di famiglia", che se la cava con qualche banale contusione. Fisicamente incolume quindi. E quel che è peggio anche moralmente intonso, visto che né subito né mai chiederà perdono all'unica superstite, Cristina, di 7 anni,  che si salvò solo perché quel giorno insisté per rimanere a vedere un cartone a casa di un'amica.
Questo racconto purtroppo non è di fantasia, né la trama di un film drammatico. E' la realtà. Da allora sono passati più di trent'anni e Cristina, che dovette essere adottata, da quel tragico giorno non ha MAI ricevuto una visita, una lettera, una telefonata dal carnefice della sua famiglia. Non lo ha mai più incontrato. Nemmeno al funerale della sua famiglia!
Cristina stessa, in modo fin troppo civile, ha chiesto più di una volta di incontrarlo, per parlarci, ma non ha mai ricevuto risposta.

Il bastardo è Beppe Grillo.
Cristina ha vissuto tutti questi anni nella tristezza ma in profonda dignità, addirittura senza mai infamarlo né pubblicamente né privatamente. Mentre in TV già durante gli anni del processo lui era riapparso eccome, con la trasmissione "te lo do io il Brasile" e con mille altre apparizioni televisive, nelle quali non mancava di criticare chiunque per qualsiasi mancanza.
Una sola volta Cristina ha rilasciato un'intervista. Il giornale era Vanity Fair, il 6 febbraio 2013. Proprio sotto le elezioni. Chissà, magari improvvisamente a Grillo sarà venuta voglia d'incontrare la sopravvissuta, magari circondato da videocamere, proprio il 23 o 24 febbraio, o forse anche senza stare sotto i riflettori, così da poter poi  andare in giro a vantarsi di sapersi assumere le sue responsabilità ma senza secondi fini! 
No, non lo ha fatto nemmeno allora. Ha preferito continuare a girare per le piazze italiane gridando i suoi comizi.
.

Dicendo che come si guida (una nazione)  lo sa solo lui...

mercoledì 30 aprile 2014

Meteore in arrivo

Prima che iniziate a stendere i tappetini nel piazzale di casa preciso che uso qui il termine "meteore" in senso figurato, alla Gene Gnocchi, per intenderci.
Il personaggio di cui mi occuperò non è mai stato,in effetti, un volto così noto, ma ha comunque avuto un pò di spazio nelle cronache di qualche anno fa.
Il suo nome è Maximiliano Arellano, è messicano e la notizia era una di quelle che colpivano: un bambino di 6 anni che tiene, per 45 minuti, una conferenza  all'università di Città del Messico sul tema: "Cause e conseguenze dell'osteoporosi". Verrebbe da dire che un bambino normale di quella età non la saprebbe nemmeno pronunciare la parola "osteoporosi"; ma non lo dico, visto che mia figlia di quattro anni mi ha di recente spiegato i suoi piegamenti dicendo che stava facendo "psicomotricità".  Acclarato dunque che Darwin ci aveva preso in pieno, l'evoluzione esiste e forse corre più di quanto pensiamo, la notizia rimane ugualmente unica. Tanto più se poi si viene a sapere che il fanciullo aveva già tenuto altre "lezioni universitarie", come quella sull'anatomia cardiovascolare.
Ora, io ho una mente semplice, anni luce da quella di un genio internazionale come è stato giustamente definito questo (permettetemi il termine) bimbo. 
Non potevo perciò che fare  un semplice, anzi banale ragionamento: la notizia risaliva al 2006; da allora sono passati 8 anni, praticamente un'intera vita per un bambino di sei anni che oggi ne ha 14. La conclusione di questa equazione logica mi ha portato di primo acchito a meravigliarmi di non aver mai sentito quel nome negli ultimi anni. Come, nessun premio Nobel?! Nessun farmaco che porti il suo nome?! Chessò un Maxillo per l'osteoporosi facciale, o un ArellAno in pomata per ..(vabbé lasciamo perdere) ?
"Beh, -mi sono detto-, io non guardo molta tv, e poi con la memoria che mi ritrovo magari ho sentito qualcosa di grosso su di lui e non me lo ricordo.  Ora faccio un pò di googling e vediamo se non salta fuori che ha almeno 3 lauree  e che ha progettato 2 o 3 protesi rivoluzionarie!"
Manco a dirlo, niente! Scomparso! Le sole pagine web successive al 2006 erano meri articoli tardivi riguardanti lo stesso episodio. Persino le foto non andavano oltre i suoi 6 anni.
Rimane quindi il timore che si sia bruciato per essere entrato troppo presto nel crudo mondo degli adulti, proprio come una meteora che corre tanto, ma troppo piccola per resistere all'impatto con l'atmosfera...
Poi riesco a trovare un intervista, solo audio, risalente ai suoi 6 anni. E' la seguente.


Ascoltando l'intervista mi sale una speranza. Forse non è scomparso perché si è strafatto con una neodroga sintetica inventata da lui.
Forse era una mezza bufala, forse il genio non c'è più perché non c'era mai stato. E i 45 minuti della lezione sull'osteoporosi  sono stati quelli necessari per presentarsi e per leggere a stento qualche slide fatta con l'aiuto di qualcun altro.
L'umanità  avrebbe un genio in meno. E un bambino in più.

martedì 22 aprile 2014

Nelle MARCHE in AUTO.


Mini racconto.

Kia detto che in vacanza bisogna per forza andar lontano, magari in aereo? Abarth il fatto che volare costa, volete mettere la poesia di un viaggio in auto, ammirando gli Infiniti paesaggi?
Dopo essere stato all'ultima GMC giovani in Brasile (da solo perché tutti i miei amici sono Pagani), ho sentito il bisogno di un viaggio relax.
Volvo quindi spezzare una Lancia a favore della nostra bella Italia, raccontando del mio recente viaggio.


Lasciati i miei 3 cani alla Tata (Mercedes, una tedeschina che in realtà dei cani ha paura, ma  non Lada a vedere), sono partito quindi con la mia auto, destinazione Marche.
Ero già per strada da più di un'ora che:
-Porsche miseria!
Mi accorgo di aver lasciato il navigatore a casa! Nissan problema, ho fatto di necessità virtù ed ho viaggiato alla vecchia maniera, cartina stradale e spirito di avventura: Fiat voluntas tua
Ford di questa mia tenacia mi faccio prendere dallo stupendo paesaggio, ormai già marchigiano; una bella casa colonica, tipo Dacia, appare all'improvviso sulla mia destra, da dietro una collina. Non ho dubbi e svolto sulla stradina sterrata che sembra condurre là; Opel corsa appena metà strada che "Ssangyong!!"! Sento un rumore sinistro provenire dalle ruote e l'auto  Skoda sensibilmente.
Scendo a controllare e..
-Mazda!!!
Tutti e due gli pneumatici posteriori Bugatti! Peugeot di così non poteva andarmi! La mia pace interiore ormai è compromessa... Dai..hatsu!! E' da quando ero militare che non ero  imbestialito così; ma allora mi ero meritato la settimana punitiva di Corvette, ora volevo solo farmi una tranquilla vacanza.
Ancora sull'Honda di rabbia afferro il telefono e, incurante del suo caratterino, chiamo Mercedes;
-Pronto, chi parla?
-Sono io, Marco, senti.. dici sempre che Mitsubishi ma te lo chiedo lo stesso: verresti a prendermi con la tua auto? Sono qui vicino a Macerata, con entrambe le gomme posteriori andate...
-Allora? Hai foluto la facanza slow goot? Bentley sta!!

lunedì 21 aprile 2014

Quando essere casta costa.

Solita breve intervista data al volo al tg (io l'ho vista su tgcom  se non ricordo male) e in qualche giornale, ma che a me ha sconvolto evidentemente più della media.
Presupposto: verso metà aprile Renzi annuncia che per coprire il ridicolo contentino di 80 euro aggiunti in busta paga (ridicolo non solo perchè una tantum, ma soprattutto perché si rivolge a chi uno stipendio almeno ce l'ha, i disoccupati continuino ad attaccarsi) servirà, tra l'altro porre un tetto per gli stipendi massimi anche dei magistrati. Il massimale non è proprio da fame, si parla di 260.000 euro lordi annui, non 26.000!
Ma il Renzi ha osato toccare la magistratura che, anche se sinistrorsa,  sempre casta è. E si sa: se casta vuoi rimanere, non ti devi far toccare...

E qui veniamo all'intervista, protagonista niente popò di meno che il presidente dell'associazione nazionale magistrati, un certo Rodolfo Sabelli. Ora,  per come la vedo io già ci sarebbe da scandalizzarsi solo per il fatto che si è sentito in dovere di opporsi all'ipotesi del  tetto sugli stipendi, ma la spavalderia e l'arroganza propria di troppa parte della sua categoria lo ha portato molto oltre. L'esimio ha infatti giustificato la sua posizione sottolineando candidamente  "il legame tra trattamento giuridico dei magistrati e indipendenza e autonomia della giurisdizione".
Ma ci rendiamo conto di cosa voglia dire, nemmeno velatamente, tale frase?
In pratica: "non potete mettere un tetto al nostro stipendio, perché la fraccata di soldi che prendiamo è garanzia contro eventuali corruttori che vogliano comprarci." O , se volete: "sconsigliamo allo Stato di cessare di  comprarci con alti stipendi, perché potremmo farci corrompere da altri!". A me sinceramente facevano già abbastanza schifo le forti influenze politiche su tanti e famosi processi, senza dover arrivare a esplicite ammissioni di corruttibilità.
Ciliegina sulla torta; ad una  giornalista (Liana Milella, Repubblica.it) che, vivaddio, si è accorta dell'infelice uscita ed ha chiesto lumi:
- "Significa che dovete essere garantiti dalle tentazioni?"
il nostro ha prontamente risposto, senza scomporsi:
- "Non è questo, occorre evitare che interventi sulla retribuzione possano condizionare la nostra indipendenza"

Ritraduco: "Non è questo, è esattamente questo!"
Miracoli della semantica togata....


domenica 20 aprile 2014

Buona Pasqua!




Reietto, or alfin - è il trionfatore
             ________

Gesù Cristo moria: ei, Dio! - Ed or timorosi i seguaci
dal cor teso e penante - e per la seconda notte,
tornatisene al cenacolo, - colà si celano: notte nera...
...
Stupore! La - sepoltura
è aperta - e a parte
è un vago niveo - giovane... Nuove
non gli chiede Maria, spaurita. - Pur, di chi è innamorata egli sa;
e chiama - "A che mai
seguitar - Gesù tra i
sepolcri? - speri col
tuo viril ardire, - di Lui ritrovare?
O, erri! Cristo, che - cerchi, è risorto;
la Carne, qual era riposta - qua nell'arca, or è sparita.
Vanne e porta gioia: di' - a Pietro ed a Giovanni:
Egli resuscitò: - Gesù è il Cristo!"
...

martedì 25 marzo 2014

Temiam scherzo da preti - perché d'oziar smettiam


Ecco, come promesso, il profilo dell'autore della particolarissima preghiera riportata nel precedente post. Non meraviglierà che si tratti di un prete. Ma un prete molto particolare. Anzi, mi verrebbe da dire "un genio del linguaggio e delle lingue che incidentalmente, era anche prete".
Il ravennate Don Anacleto Bendazzi (1883-1982) è stato uno dei più incredibili  personaggi che mai si siano dedicati all'enigmistica.
Finissimo latinista e grecista, conoscitore di varie altre lingue, passò la sua lunghissima vita fra scuola e biblioteca, usando sovente  argomenti religiosi come tema per i suoi giochi letterari. Non ebbe mai incarichi pastorali perché ritenuto inadatto al rapporto con i fedeli, data la sua "eccentricità".
Basti dire questo: appena ordinato sacerdote fu destinato a fare il cappellano a Santerno, nei dintorni di Ravenna; ebbene, dopo aver ascoltato un po’ di confessioni durante la Settimana Santa, fu preso dal panico e scappò via, tornando a piedi a Ravenna.
Ma se questo non bastasse c'è dell'altro: soleva procedere con il suo sguardo svagato, perfino quando sfilava nelle solenni processioni. Aveva sempre in tasca mozziconi di matite e foglietti perché se un’idea gli passava per la testa, zac, la infilzava al volo e la appiccicava sulla carta.
Quando celebrava la messa, saltava sempre l’omelia (sob!); inoltre tutti i giorni, alla stessa ora e con lo stesso percorso, faceva la sua passeggiata, pagando, si dice, per avere la compagnia del suo unico amico don Terzo Benedetti, ma senza scambiare una parola!
Evidentemente era un tipo molto taciturno. Mi viene da pensare che amasse così tanto le parole (che studiava, soppesava, combinava, calibrava nella sua mente quando non lo faceva per scritto) da considerare uno spreco buttarle via quasi a caso, per nient'altro che parlare del più e del meno con qualcuno. Quasi le considerasse delle pietre preziose da valorizzare incastonandole una ad una, non già mostrandole a manciate.

Collezionò ed inventò migliaia di frasi anagrammate, linee bifronti, acrostici, frasi bilingui, bisticci, definizione argute, etimologie spiritose, frasi doppie, frasi sibilline, motti e stranezze ingegnose d'ogni genere in italiano, in latino e in altre lingue. "Bazzecole andanti" le definisce don Bendazzi, anagrammando il suo nome
Era anche riuscito a scrivere una "Vita di Cristo in mille anagrammi", composta appunto da mille versi ciascuno diviso in 2 parti, l'una anagramma dell'altra. Tanto per capire vi  si trovano chicche quali:
"mistica notte di Natale - atta a dolci sentimenti",
"il sermone de la montagna - l'insegnamento morale",
"Giuda Iscariota - dai guai a Cristo",
"ti dian incenso e gloria - di aneli cantio Signore!"
Il tutto raccolto nelle "Bizzarrie letterarie", un libro che lui stesso pubblicò il 15/1/51 (data non casualmente palindroma, ovvero identica anche letta al contrario; di più, se scritta nel formatoanche omogrammatica ovvero identica anche ruotata di 180°!).
Un altro dei suoi scherzi da prete.
Non potevo quindi non ispirarmi molto indegnamente a lui con il titolo anagrammato di questo post (e anche con il titolo del post precedente, "Preci serene" che è una sciarada tripla (Preci serene, Precise rene, P recise rene).

In questo suo amore fu coerente fino alla morte: morì infatti a 99 anni (numero palindromo), appena in tempo per evitare di diventare “un prete secolare” – condizione disdicevole per un ecclesiastico, sosteneva scherzando.
E sembra che come epitaffio per la propria tomba abbia richiesto la scritta: Putredine - di un prete / storico di - Cristo Dio. Queste due coppie di anagrammi non sono però il suo ultimo scherzo da prete.
Morì infatti il .   Proprio quello che avrebbe voluto: svanire in un omogramma...

lunedì 24 marzo 2014

Preci serene

Ho trovato una Salve Regina antica, diversa dal solito ma bella.
Leggetela, è anche relativamente facile da ricordarne un pò essendo in rima.

« Salve Regina ! Te saluto, o pia,
nostra tutela in tenebrosa via,
in sinistra terrifica procella
benigna stella.

Saluto te, Regina gloriosa,
arca divina, intemerata rosa;
te, bella oliva, Iris serena, pura,
nivea figura.

In sidereo fulgore veneranda,
in terreno dolore amica blanda,
salve, o Maria: te, speciosa, adoro,
te, cara, imploro.

Quando te non saluto, o nostra Vita,
gemo in amaritudine infinita;
in tranquilla quiete, te invocata,
vivo, o beata.

Quando miser vacillo in vento infido,
Regina generosa, in te confido;
in te confido in fausta, in dura sorte,
in vita, in morte.

Per te fugato perfido Serpente
in suo furore contra me stridente,
per te non raro a pugna acerba, quasi
in fine evasi.

Tu in futuro me salva: in gaudio vero,
o Regina, per te vivere spero;
in agone durissimo supremo
per te non tremo.

Scisso corporeo velo, a miserando
carcere me benefica levando,
in tuo regno beato me corona,
vigil patrona.

Spero cantare te, porta superna,
in altissima pace sempiterna,
in sempiterno vivido splendore,
in puro amore.

Salve, candida luna in tetra valle,
fulgida aurora in tenebroso calle;
serena, potentissima, divina,
salve, Regina!»


L'avete letta con attenzione? Bene, perché ha qualcosa di particolare: è forse la più lunga preghiera in latino che abbiate mai recitato!!!
Si, avete capito bene! E' scritta PROPRIO in latino, corretto e declinato. E il bello è che ha lo stesso significato che in italiano.

Usatela pure per rispondere a chi dice che il latino è una lingua morta. Per la lingua italiana il latino non è più morto e inutile di quanto per un uomo sia morto e inutile il ragazzo che fu....

Se ricapitate da queste parti tra poco saprete vita, morte e miracoli dell'autore di questa splendida creazione.

martedì 4 marzo 2014

Rewind to Remind, ovvero: riavvolgere per ricordare

Che cosa ci sono venuto a fare qui? Non è stato solo il mio pensiero alla (ri)apertura del presente blog ma è quello che troppo spesso mi capitava di pensare, anzi di dire ad alta voce tutte le volte che mi ritrovavo in una stanza senza ricordarmene il motivo.
Che cosa stavo cercando? Che cosa volevo prendere?
Potevo star lì minuti interi a spremermi le meningi ma, niente, non c'era verso di ricordarmelo. Il più delle volte quindi la resa era inevitabile, e me ne ritornavo mesto alle faccende a cui ero prima affaccendato. E lì spesso la scintilla: "certo, mi mancava questo!" , "ecco, sì, volevo fare quest'altro!".
Da qui l'illuminazione (ma mi sa più di scoperta dell'acqua calda, vabbé): perchè non tornare subito indietro, evitando perdite di tempo inutili e aspettare la scintilla? Il metodo si è rivelato infallibile, e il ricordo ritorna nello stesso momento in cui si torna a fare quello che facevamo prima dell'amnesia! Fin ora ha funzionato il 100% delle volte.
Misteri del cervello, ma nemmeno tanto.
Proverò infatti a spiegarne il motivo in una maniera molto terra-terra, quasi come la mia conoscenza in materia. La semplificazione più grande che farò è quella di considerare un'azione controllata da un solo neurone (cellula del tessuto nervoso), quando invece sono intere zone cerebrali ad entrare in gioco anche nelle cose più semplici che facciamo (quindi parliamo di decine o centinaia di milioni di neuroni).

Ebbene, cosa succede nel cervello ad esempio quando vogliamo incollare una foto in un album e ci accorgiamo che la colla è nello studio? Succede che il neurone attivo "incollare foto" (vedi l'immagine sottostante) invia un messaggio elettrico tramite uno  dei tantissimi ponti (100.000 per ogni neurone) al neurone "prendere la colla nello studio".

In blu: neurone "incollare foto"; in giallo: neurone "colla nello studio".
In fucsia: il ponte (assone) di collegamento tra i neuroni blu e giallo.
In verde: neurone "prezzo dei cetrioli assurdo"

Mi avvio quindi verso lo studio, ma intanto con la mente inizio a divagare, pensando a tutt'altro, magari al perché il prezzo dei cetrioli è salito così tanto. Può capitare però che il concetto "prezzo dei cetrioli assurdo" interessi un neurone  molto distante da quello "colla nello studio", e magari non ha nemmeno  ponti che lo raggiungano direttamente.
Allora quando arrivo nello studio (è già qualcosa...) ecco che non riesco più a ritrovare quei collegamenti, quei fili logici che mi riportino al cosa volevo fare. Da qui l'amnesia.
Ritornare a fare quello che facevamo prima rimette invece in gioco il neurone "incollare foto" e questo ci ricorderà subito che un suo ponte è ancora polarizzato, ovvero eccitato elettricamente dal neurotrasmettitore. Ed è il ponte che congiunge il neurone "colla nello studio". Da qui il ricordo.
Ecco perché a volte il ricordo torna anche mentre stiamo tornando indietro dallo studio, ben prima di riprendere la foto in mano; perché già la nostra mente, più veloce delle gambe, è tornata ad occuparsi di ciò che faceva prima. Ed ecco perché prima torniamo indietro e più immediato e sicuro è il ritorno del ricordo, essendo più "calda" la scintilla del neurotrasmettitore.
Evidente che nel caso citato il ricordo tornerà comunque anche dopo molto tempo, perché comunque la colla continuerà a mancare. Ma pensiamo a casi come "sto incollando una foto nell'album e mi vien voglia di telefonare alla tizia che appare sullo sfondo. Vado subito in sala dove è il telefono".

Quindi mi raccomando: REWIND to REMIND!


sabato 1 marzo 2014

Feccia di bronzo


uesta volta la scelta della foto è stata facile e veloce, non dovendone nemmeno ritoccare il colore per adattarla al titolo del post.
Evidentemente il soggetto, pur essendo il principale indagato in uno dei più importanti e clamorosi processi degli ultimi anni, ha trovato il tempo (e la faccia tosta) di spaparanzarsi in tutto relax al sole.
Già, la faccia tosta....
Cerchiamo di quantificarla.
Vediamo: sto immaginando che, io, guidando l'auto aziendale, non sia riuscito ad evitare una persona che ha attraversato di corsa e improvvisamente la strada fuori dalle strisce. L'auto è distrutta. Scendo a dare assistenza, ma il pedone è morto sul colpo. Io guidavo rispettando il codice, sobrio e lucido. Quindi so che non è colpa mia, è evidente. Ma mi sento lo stesso distrutto, ho pur sempre provocato la morte di un essere umano.
Con il tempo me ne farò una ragione, ma certo il giorno dopo non sarei nemmeno in grado di uscire di casa, tanto meno di esprimere pubblicamente il mio cordoglio (anzi più probabilmente non lo farò mai pubblicamente, ma in privato, con chi di dovere). Penso che queste reazioni siano quelle un po' di tutti, anche di quelli magari meno sensibili di me. Industriali e finanzieri (gente con  molto più pelo sullo stomaco di me) sono arrivati a suicidarsi in seguito a scandali e crack finanziari, quindi senza aver, almeno direttamente, ucciso nessuno.

  • schettino (il minuscolo è voluto) non ha distrutto un' auto ma una nave da 1 miliardo di euro (costo nave + rimozione).
  • schettino non è sceso per dare assistenza ma per non darla, e mettersi vigliaccamente in salvo.
  • schettino non ha provocato la morte di una persona ma di 32 (TRENTADUE), tra i quali una bambina di 6 anni. Trentadue persone che non sono morte sul colpo ma hanno visto la morte avvicinarsi a passi lenti, hanno vissuto l'incertezza della mancanza di notizie, poi il panico dell'evacuazione tanto tardiva quanto (conseguentemente) caotica, infine il terrore, che aumentava con l'accrescersi della consapevolezza che forse non ce l'avrebbero fatta.
    Alcuni addirittura sono morti proprio perché diligentemente si erano raccolti nell'area di emergenza, (come ti fanno fare nella esercitazione del primo giorno) che però si trovava nel lato poi sommerso...
    (Io sinceramente ci sto male al solo pensarci perché riesco ad immedesimarmi fin troppo bene, sia per carattere, sia perché in crociera ci sono stato e posso dare luoghi e momenti reali alla mia immedesimazione).
  • schettino, se è molto dubbio che fosse sobrio e lucido, di certo non rispettava la rotta nel momento dell'urto, perché fino a prova contraria gli scogli non si spostano.
  • schettino dall'urto in poi ha violato tutto quello che poteva violare in quanto a regolamenti della Marina, del Codice civile e penale e aggiungo io della umana morale e buon senso.

Ebbene, quest'uomo appena la mattina dopo la tragedia ha rilasciato un'intervista nella quale con voce mai rotta dall'emozione ci teneva a precisare che non era stata colpa sua, ma che quello scoglio li non doveva esserci...
Da allora ha continuato saldamente a ritenersi  vittima  (quando non addirittura eroe!!) più che carnefice.
Ormai ritenevo difficile che mi stupisse ulteriormente, fino a pochi giorni fa, quando vengo a sapere che si sarebbe recato  di sua volontà all'isola del Giglio per salire sulla nave per accertamenti. Già questo fatto disturba e rattrista, e viene naturale il pensare che lo fa con un po' troppo ritardo rispetto a quella notte del 13 gennaio 2012, quando gli fu vanamente intimato dal Comandante De Falco. Ma lui, manco a dirlo, è andato oltre. E' andato al Giglio un giorno prima, così, giusto per farsi vedere un po' in giro, per farsi una sosta in quegli stessi locali che avevano ospitato gli sconvolti sopravvissuti in quel maledetto giorno. Si è seduto e ha mangiato tranquillamente in un ristorante. La notte si è poi fatto una passeggiata ristoratrice lungo il molo. In tutto questo non ha mancato di farsi fotografare (forse dal suo degno avvocato)   appoggiato alla balaustra del molo,  mentre guarda (magari con orgoglio?) la sua nave.

Una volta pensavo che tutti in fondo avessimo una coscienza, a volte magari non l'ascoltiamo per un po', ma se facciamo attenzione è lì, a ricordarci ciò che è umanamente (ancor prima che cristianamente) giusto o sbagliato. Ma da tanto tempo mi sono purtroppo ricreduto, dovendo per forza di cose constatare che ci sono state e ci sono persone come questa, che perseverano costantemente e fortemente in posizioni amorali, senza pentimenti né dubbi né tantomeno vergogna, anzi convinti di agire per il bene.
Mi consolo solo pensando che alla maggior parte delle persone (non solo in Italia) schettino ha fatto e fa schifo ancor più che pena. Mi consolo pensando che altri in quella tragedia hanno fatto il loro dovere aiutando i passeggeri. Mi consolo pensando che anche i sommozzatori del recupero corpi, pur ben avvezzi al ritrovamento di cadaveri, hanno sofferto e forse pianto (il loro consumo di ossigeno in quei minuti è aumentato del 47%, un' esagerazione..) quando sul ponte 4 hanno trovato il corpicino di Dayana Arlotti, 6 anni, morta abbracciata stretta al suo babbo.

Mi consolo pensando che i parenti delle vittime sono persone forse ben più degne di me. Io se fossi stato in loro non so se sarei riuscito a frenare la mia rabbia  durante l'affronto della visita al Giglio del vile.

Un pensiero va alle vittime e, in quanto padre di una bambina di 4 anni, specialmente a te Dayana, dolce angelo...







mercoledì 26 febbraio 2014

TIC-TAC / ed il gioco si porta via / rotolando la vita mia (Branduardi)





Impossibilitato a farlo di persona ringrazio qui tutti quegli amici e colleghi che mi hanno inviato gli auguri di buon compleanno!
Anche se io tornerei volentieri indietro, quando il numero 44 mi ricordava solo i gatti...

lunedì 24 febbraio 2014

Dove c'è Barilla c'è caos 2 - la beffa


o scelto di fare di questo un post a parte rispetto  al precedente per 2 motivi: evitare un unico post di lunghezza mostruosa e soprattutto dare maggior risalto a questa ulteriore lettera a Guido Barilla, che ho casualmente scoperto poco dopo aver inviata la mia.Vista la sua web-diffusione immagino che avrà avuto una probabilità molto maggiore di essere letta dal diretto interessato e, visto il suo contenuto, se ha colpito ha probabilmente affondato.
Notare che questa lettera è datata  due giorni dopo le scuse di Barilla; se solo fosse stata scritta prima..chissà...

Aggiunta dell'ultima ora: per la serie "per fortuna gli etero a volte si ricordano di avere le palle" date un'occhiata a questo articolo!





dal Blog di Eliseo Del Deserto, 28/09/13

Signor Guido Barilla,
Le scrivo perché sono io a volerLe chiedere perdono!
Io sono un ragazzo omosessuale che ha seguito in questi giorni la vicenda scatenata dalle Sue dichiarazioni. Ero infastidito dal moltiplicarsi delle chiacchiere, delle battaglie inutili, boicottiamo o non boicottiamo, dall’elenco insipido delle altre marche di pasta, dalla Sua foto oltraggiata ed osannata.
Vivo lontano da casa ormai da quattro anni, e non riesco a mangiare nessun’altro tipo di pasta, anche se risparmierei, perché l’unica che mi ricorda la mia famiglia è la Barilla. Vuoi per la pubblicità, o forse solo perché è la pasta che mi ha sempre cucinato mia mamma.
Sono omosessuale e credo anch’io nella famiglia tradizionale e non credo che altri tipi di unione possano definirsi “evoluzione della famiglia”.
Quando da piccoli o da giovani ci rendiamo conto di essere omosessuali, lo sentiamo sulla nostra pelle: siamo diversi. Questa diversità inizialmente viene vissuta da tanti (non voglio generalizzare) come un handicap. Dopo la disperazione iniziale si cerca un equilibrio, una ragione, la felicità. Tutti abbiamo una diversità da gestire, questa è la verità.
E’ giusto riconoscere i tratti della nostra differenza, accettarne i limiti. Due uomini non potranno mai generare un figlio per esempio. Due donne non saranno mai una famiglia intesa in senso tradizionale. Non sto dicendo che le unioni omosessuali devono essere bandite, e sono sicuro che in una coppia omosessuale possa nascere un calore simile all’intimità familiare.
La maggior parte di noi però viene da una famiglia tradizionale. Tutti siamo figli! Sappiamo quanto abbiamo bisogno di un padre che sia veramente uomo e di una madre che sia pienamente donna! Io lo so, ogni volta che desidero profondamente avere un uomo forte accanto a me.
Perdono Signor Barilla! Per le parole umilianti che ha dovuto subire, Lei e la Sua azienda a causa di noi omosessuali. Anche se alcuni non saranno d’accordo con me. Io che nonostante tutto sono uno di loro, Le chiedo scusa. Scusi le ingiurie, le pressioni, i boicottaggi, le parole inutili di quel manipolo di anime ruggenti che vanno solo in giro cercando chi divorare.
Sulla famiglia ha molto da imparare chi l’ha portata a scusarsi per delle parole che non avevano nulla di offensivo.
L’atteggiamento violento, persecutorio, intimidatorio, dunque bullistico di questa gente, insieme alle tante espressioni di orgoglio gay che negli anni si sono diffuse, suscitano tutto in me, eccetto la fierezza di essere omosessuale. Perdono ancora!
Eliseo del Deserto

Dove c'è Barilla c'é caos

Cinque mesi mi paiono abbastanza per meditare a freddo.
Anche su una brutta scivolata quale quella ormai nota di Guido Barilla, che dopo aver pronunciato la sacrosanta quanto ingiustamente incriminata frase « Non faremo pubblicità con omosessuali perché a noi piace la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d'accordo, possono sempre mangiare la pasta di un'altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri» ritratta chiedendo addirittura scusa alle offesissime lobby omosessuali.

Per questo mi sono deciso ad inviare la lettera che riporto di seguito al diretto interessato. Non so se la leggerà mai, ma tant'è.

All'attenzione di Guido Barilla, Presidente Barilla S.p.A.;
  
 le scrivo semplicemente per farle sapere che anche io (e tante persone che conosco) sono rimasto profondamente deluso dal suo piegarsi di fronte alle solite proteste delle lobby omosessuali riguardo alla sua dichiarazione a "La Zanzara".
 Tanti, come me, apprezzavano la serenità e l'amore per la tradizione della sua Azienda che trasparivano dalle vostre pubblicità. Ora, ripeto, ci sentiamo delusi. Perché, delle due l'una: o tali principi erano falsi e costruiti a tavolino per vendere o comunque erano così deboli da non reggere alle prime stupide critiche.
 Io e molti miei amici fedeli consumatori dei vostri prodotti ora ci guardiamo bene dall'acquistarli. Il nostro è un boicottaggio forse meno chiassoso e minaccioso di quello delle lobby omo, ma probabilmente non meno numeroso.
 Per finire mi chiedo e le chiedo: qual'è il suo bilancio adesso, a freddo? Le numerose e arroganti lobby omo avrebbero fatto, temporaneamente, molto clamore in tanta stampa marcia mondiale, ma davvero avrebbero pesato così tanto sul bilancio di una multinazionale che fattura 3 miliardi di euro all'anno? Avrebbe perso davvero più consumatori (magari occasionali) se non si fosse scusato e piegato agli indignati omosessuali di quanti ne ha persi (fidati e affezionati) così?
 Non so. Ma so che una cosa sicuramente l'ha persa (a parte i suoi principi che a questo punto dubito abbia mai avuto). Ha perso la credibilità: il mondo lgbt certo continuerà a non considerarlo uno dei suoi; e ora nemmeno tanti di noi  a cui piace "la famiglia tradizionale", l'unica che possa dirsi degna di essere chiamata tale.
Saluti,
Marco Badii